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La testimonianza di chi è sfuggito all’odio per celebrare a scuola il giorno del ricordo- Foibe

La testimonianza di chi è sfuggito all’odio per celebrare a scuola il giorno del ricordo- Foibe

Il Collegio S. Ignazio celebra il Giorno del Ricordo

             La testimonianza dell’Avvocato Faramo agli studenti del Collegio S.Ignazio

 

Il Giorno del Ricordo è stato istituito da una legge approvata dal nostro Parlamento nel 2004. A partire da tale anno, ogni 10 febbraio, giorno dei Trattati di Pace di Parigi del 1947, si ricordano  tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale italiano. Gli alunni dell’istituto Collegio S. Ignazio di Messina hanno realizzato un percorso di riflessioni, testimonianze ed elaborati per ricordare le vittime delle foibe. Partendo dalla lettura di alcune pagine tratte dal libro di Maria Cacciola “Sulle ali della memoria. Gli esuli giuliano-dalmati di Sicilia ricordano”, gli studenti hanno avuto modo di conoscere il contesto storico-culturale e le testimonianze dei superstiti di questo genocidio. Successivamente, gli alunni hanno analizzato il testo della canzone “Magazzino 18” di Simone Cristicchi, tratta dall’omonimo spettacolo del cantautore e dedicata alle vittime italiane di Istria e Dalmazia. Il 15 febbraio, nell’Aula Magna del Collegio S. Ignazio, a conclusione di questo percorso dedicato al Giorno del Ricordo, gli studenti hanno ascoltato la testimonianza dell’Avv. Alessandro Faramo che ha raccontato la tragedia vissuta dalla madre, la prof.ssa Bruna Caterina Fiore, durante questa triste pagina di storia.  Quella ascoltata dagli studenti ignaziani, è la vicenda di una bambina di appena 4 anni che in un’età così tenera, ha dovuto affrontare la perdita dei genitori, la paura, la fuga e la conoscenza di un’umanità crudele ed intollerante. Bruna Caterina Fiore, scomparsa nel 2017, nacque a Fianona, in Istria, il 25 Novembre del 1940, l’anno dell’inizio della Seconda guerra mondiale. Era l’ultima di sette figli, il padre Vittorio Pinello, ingegnere nelle miniere di carbone dell’Istria, era italiano mentre la madre, Maria Sergovich, era di origine istriana. La famiglia si trasferì prima a Pozzo Littorio e poi ad Arsia, dove il padre era stato nominato tecnico di controllo degli impianti di miniera. L’Italia, l’8 settembre del’43, aveva firmato l’armistizio, arrendendosi in maniera incondizionata agli Alleati ed a partire da questo anno, aumentarono le violenze dei partigiani jugoslavi, guidati dal colonello Tito, verso i nostri connazionali residenti in quei territori di confine. In quel tragico 1943 sparirono migliaia di persone, italiani fascisti, antifascisti, funzionari pubblici, uomini, donne, bambini, “colpevoli” di essere italiani. E come racconta l’Avv. Alessandro Faramo, fu l’inizio della tragedia della madre e della sua intera famiglia. Prima avvenne la scomparsa del padre Vittorio, recatosi al lavoro in miniera e mai più ritrovato, poi l’assassinio del fratello Renzo, gettato in una foiba con altri giovani. Vennero uccise dalla furia slava anche la madre e la nonna. Lidia, la sorella maggiore di soli vent’anni, condusse Bruna e gli altri tre fratelli, prima a Fiume da una zia, poi in un collegio a Pola. Con dei documenti falsi, a bordo di un carro trainato dai buoi, i cinque fratelli riuscirono a superare la zona dell’Istria sotto il controllo jugoslavo. Durante il passaggio dalla zona controllata dai soldati di Tito, alla parte dell’Istria gestita dal governo militare alleato, i piccoli esuli vennero fermati dai soldati titini che ne avevano disposto la fucilazione ma nel momento in cui, uno dei partigiani slavi prese in braccio Bruna per condurla alla morte, qualcosa di miracoloso scosse il cuore di quell’uomo che ordinò ai suoi, di far passare i cinque fratelli in Italia. Passando da Udine, Trieste, Bologna, Pisa, incontrarono inospitalità e pregiudizi. Grazie all’intervento dello zio Remigio, frate minore a Venezia, riuscirono a raggiungere Roma nel 1946. Ospitati nei locali dell’E42, l’odierna EUR, insieme ad altri profughi, i cinque fratelli frequentarono la scuola ma ben presto le loro strade si divisero. Bruna giunse a Messina perché venne adottata da una coppia di Santa Teresa di Riva, i coniugi Oreste Fiore e Graziella Moschella. Gli altri fratelli si stabilirono in Brasile e in Australia, dove condussero le loro vite, senza mai dimenticare il loro legame. Attraverso la toccante testimonianza dell’Avv. Faramo, impegnato da anni nella sensibilizzazione e conoscenza di questa tragedia, gli alunni hanno avuto modo di riflettere sul grave ritardo con cui le istituzioni italiane hanno riconosciuto questo genocidio e sulla responsabilità di ognuno nei confronti dell’altro, di chi chiede rifugio, riparo o protezione. L’Avvocato ha concluso il suo intervento ricordando l’importanza e la forza dei bambini che “Non sono fatti per fuggire…sono bambini e non sono fatti per la guerra”.

Prof.ssa Nicoletta Ristagno

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